ASESSUALITÀ: STORIA DI UN RAPPORTO COMPLICATO, STATO DELL’ARTE E BUONE PRATICHE
“Una persona asessuale non esperisce attrazione sessuale (…) è una parte intrinseca di Chi siamo, proprio come ogni altri orientamento sessuale”. Così AVEN (the Asexual Visibility and Education Network, una delle maggiori comunità online dedicate al tema) definisce l’asessualità.

Si tratta di un tema attorno al quale ruota un dibattito psicologico, sessuologico e scientifico che dura da decenni, e che ad oggi è relativamente concorde nel definire l’asessualità una sfumatura che ha diritto di prendere parte allo spettro degli orientamenti affettivi e sessuali, intesi secondo dimensionalità. A sua volta, essa è da intendersi come un continuum, all’interno del quale ogni persona può sperimentare vari gradi di attrazione (romantica, estetica, sensuale), arousal, relazionalità. La settimana 20-26 ottobre è stata ribattezzata in tutto il modo ACE week, laddove il termine ACE indica proprio questa concezione di spettro, anziché di binario categoriale con due poli contrastanti tra loro.
Non è tuttavia sempre stato così. Il termine “asessuale” compare inizialmente nel 1980 nel DSM-III e nel DSM-III-R (1987), che classifica coloro che rientrano nella diagnosi di “transessualismo” e di “disturbo dell’identità di genere dell’adolescenza e dell’età adulta” <asessuale, eterosessuale, omosessuale, e non specificato>> (pag. 66,67). Il DSM-IV riscrive: <o nessuno>> (APA, 1994, pag. 534).
Elencata come possibile orientamento sessuale solo in due specifiche diagnosi, e non in una più generale introduzione (che pure da una definizione di orientamento sessuale), l’asessualità risulta per il DSM-IV non essere un orientamento sessuale al di fuori di queste specifiche categorie.
E’ sempre nel DSM-III che l’assenza di desiderio sessuale risulta nell’elenco delle malattie mentali, con il nome di “Inibizione del Desiderio Sessuale”. Nel 1987 il DSM-III-R cambia il nome in “Disturbo del Desiderio Sessuale Ipoattivo” e ne stima la prevalenza attorno al 20% della popolazione, distinguendolo dalla diagnosi di “Disturbo da Avversione Sessuale” e identificandolo come una disfunzione sessuale, al pari della disfunzione erettile e del vaginismo. Nel disturbo da “Inibizione del Desiderio Sessuale compare la categoria “lifelong” che, di fatto, include le persone asessuali benchè non vengano mai nominate in questo mdo, identificandole come affette da una disfunzione sessuale. Nel DSM-IV (1994) viene aggiunto che questo è un disturbo solo se causa “notevole disagio o difficoltà interpersonali”.
Nel DSM 5 La sezione è divisa a seconda che il paziente sia uomo o donna, così come le diagnosi relative. Questo da un lato esclude completamente le identità non binarie (in contraddizione con l’apertura ad esse che lo stesso manuale fa nella diagnosi di Disforia) e dall’altro opera una distinzione arbitraria tra la sessualità binaria.
Non c’è nulla riguardo tali difficoltà nelle persone transgender o intersessuali.
Avviene tuttavia un passo avanti nei confronti dell’asessualità: il gruppo “AVEN DSM Taskforce”, nato per promuovere il dialogo con gli esperti di e rendere il DSM più coerente con l’esperienza che ess* fanno della loro sessualità, ha consegnato nel 2008 ad APA un report che ha portato nel DSM 5 all’aggiunta del disclaimer: “la diagnosi non dovrebbe essere applicata a persone che si identificano come asessuali”, anche se ciò è presente solo nel Manuale di supporto, e non nei Criteri Diagnostici; inoltre, compare unicamente nella versione integrale del manuale, e non in quella ridotta.
Questo risulta senza dubbio un buon punto di partenza; molte persone tuttavia, compresi i professionisti, non conoscono l’asessualità come orientamento e questo comporta una difficile definizione di sé, in quanto essa non si manifesta come possibilità identitaria. Il DSM 5, allo stato attuale, comporta la necessità di una auto-identificazione della persona per l’esclusione dalla categoria diagnostica. E’ necessario che vengano diffuse informazioni consapevoli e culturalmente appropriate rispetto alla possibilità di identificarsi come persone asessuali, con tutte le sfumature che questo comporta, al fine di permettere una maggiore conoscenza della tematica e una più efficace distinzione con gli aspetti sessuali patologici. L’esperienza delle persone asessuali, che varia a seconda di ogni singola storia di vita, ha ancora molto da insegnare ai professionisti, che spesso tendono a voler eccessivamente categorizzare i modi di sentire, spesso forzando in etichette diagnostiche sfumature meno note o che esprimono una varianza rispetto alla norma culturale del momento. Questo, a sua volta, comporta una sofferenza che complica la diagnosi poiché le “difficoltà interpersonali” e il “disagio” vengono epresse, dalle persone asessuali, proprio in funzione di questa non conformità, più che per la mancanza di attrazione sessuale in quanto tale.
Alcuni miti comuni riguardo le persone asessuali comprendono:
- il paragone con il celibato; tuttavia, mentre il celibato è definibile come la scelta di astenersi dalle pratiche sessuali, l’asessualità riguarda la non presenza di attrazione sessuale, che non implica necessariamente una conseguente astinenza dalla sessualità;
- possibili problematiche con l’intimità; tuttavia, molte persone asessuali hanno soddisfacenti relazioni romantiche e/o affettive, e anche laddove non sia così, questo non implica di per sé una problematicità o un disturbo sottostante;
- l’asessualità come fase, o come il “Non aver ancora incontrato la persona giusta”; tuttavia, benché la possibilità di identificarsi in questo o quel modo possa cambiare nel corso della vita, esistono molte persone asessuali anziane, e il mito della “persona giusta” tanto altamente pericoloso quanto inadeguato per la descrizione dell’esperienza ACE.
Ma allora, come possiamo, nella vita di tutti i giorni, essere buoni alleati delle persone ACE?
- credi loro quando ti confidano di appartenere allo spettro asessuale;
- informati!
- non dare per scontato che tutti necessitino del sesso o della relazionalità romantica per essere felici, e che di conseguenza, una persona asessuale non lo sia;
- ricorda che una persona asessuale può avere un orientamento affettivo, proprio come chiunque altro, e può definirsi quindi lesbica, gay, eterosessuale, ecc;
- non fare domande intrusive sulla vita sessuale, è scortese e inadeguato con chiunque. Sii però aperto e accogliente laddove l’argomento emerga;
- educa gli altri!
- American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Washington, DC: Author.
- http://www.asexuality.org
- http://www.dsm5.org/Documents/changes%20from%20dsm-iv-tr%20to%20dsm-5.pdf
- http://www.intersexioni.it
- https://www.stonewall.org.uk